Social Love
Appunti sull’eros ai tempi di internet
Viviamo per amare. O amiamo per vivere.
Tutti vogliamo amare.
Tutti,
forse, cerchiamo più amore. Lo desideriamo, lo rincorriamo, lo
pretendiamo.
E abbiamo scoperto che c’è un luogo dove sembra
più facile trovarlo. È la porta della vita, il ventre della Grande
Dea che tutto crea e nutre: la Rete. Internet. Il calderone magico
dove tutto è a portata di un clic: anche l’amore.
Oggi un italiano su quattro cerca l’amore in rete. Basta connettersi, essere online, e imparare il linguaggio dei social network. Chi cerca e sa cosa cercare, quasi sicuramente trova. La rete è il regno dell’abbondanza, ce n’è per tutti i gusti.
A partire dagli storici siti web di incontri. In Italia sono in molti ad andarci, ma spesso non lo dicono. E se lo raccontano, chiedono di restare anonimi. L’anonimato è forse il motore psico-sociale di questi siti: riduce la timidezza, allarga il giro, stimola la fantasia. Frequentarli è un lungo, eccitante, strano, a volte deludente appuntamento al buio. Un appuntamento mirato, perché Cupido, nel giocare con le armi di Marte che colpiscono da lontano, prova a togliersi la benda: al destino di arco e frecce si sostituiscono chat e algoritmi che elaborano i dati degli utenti e segnalano affinità.
Poi
ci sono i Social. Facebook,
Twitter, Instagram –
i social canonici – e ancora Tinder,
Grindr, Brenda –
le App mirate basate sul sistema della geolocalizzazione – ma
anche Skype,
WhatsApp e
le videochat: come e quanto hanno cambiato le relazioni
amorose?
Sfruttiamo i social e la rete anche quando potremmo
farne a meno. Oggi, prima di chiedere il numero di telefono, si
chiede l’amicizia su Facebook. Appena conosciamo qualcuno, lo
googliamo. Anche per due persone che vivono nello stesso condominio,
oggi è più facile incontrarsi online che incrociarsi sullo stesso
pianerottolo. Perché la rete assicura meno imbarazzo, meno
inibizione, più mediazione; è alleata dei timidi e dei fedifraghi,
complice degli amanti veloci e degli innamorati a distanza.
È
una verità di fatto, dunque, che i social network abbiano cambiato
la vita sentimentale degli italiani (anche quella di chi non li usa).
La rete ha ridefinito la distinzione tra pubblico e privato: si è
configurata così una sfera dell’intimità dai confini sempre più
mobili e connessi. I media digitali ci permettono di “vederci”
anche se non siamo fisicamente nello stesso posto. Spesso anche il
sesso si consuma prima di conoscersi personalmente. Se però
incontrarsi online è facilissimo, a portata di un clic o di una
notifica, stabilire e gestire una relazione duratura è sempre più
complicato se non addirittura impossibile. È il “paradosso della
postmodernità liquida” teorizzato da Zygmunt Bauman: evitiamo gli
impegni stabili per timore del vincolo, inseguiamo rapporti liquidi,
ma continuiamo ad aver bisogno di relazioni solide, senza però
essere capaci di fare il primo passo. Il risultato è che viviamo in
uno stato d’ansia costante.
Sui social, poi, molto spesso
tendiamo a mostrare solo il meglio di noi; dal nostro profilo
virtuale non emerge la nostra identità reale. È che l’intimità
fa sempre più paura. Abbiamo il timore di metterci a nudo, di
mostrare i lati più autentici di noi stessi, le nostre fragilità.
In questo senso, il web ci protegge ma nello stesso tempo diventa una
trappola digitale che ci espone a rischi destabilizzanti, in primis
la frammentazione dei sentimenti e delle emozioni. Non è che tutta
questa tecnologia ci sta piano piano disumanizzando?
Forse ci rende umani nella virtualità, una dimensione meno reale ma pur sempre vera. Amoreggiare al computer, su smartphone e tablet è in un certo senso l’evoluzione postmoderna del corteggiamento dell’amor cortese. Le dinamiche online non sono del tutto diverse da quelle della realtà. È vero, c’è assenza del corpo fisico, ma l’iter è lo stesso. Cambiano i mezzi. Cambiano la sintassi e il lessico amoroso: l’eros online si esprime con nuovi linguaggi, nuovi codici, nuove regole.
Il
corteggiamento 2.0 diventa il più delle volte disfunzionale, senza
intimità, di breve respiro. Non è detto, però, che il
corteggiamento online escluda quello offline. Piuttosto lo integra,
lo completa. O lo simula. Alle rose rosse corrispondono i «like» su
Facebook e Instagram, corredati magari da qualche emoticon nei
commenti, alle serenate le canzoni di YouTube, ai «Ti amo» sui muri
sotto casa le scritte sulla bacheca o sulla timeline. Ed è uno
stereotipo da sfatare che i frequentatori del mondo virtuale siano
persone isolate, depresse e con scarse abilità sociali.
Tutto
inizia dalla compilazione del Profilo social: l’equivalente del
“come vestirsi al primo appuntamento”. Il profilo diventa lo
specchio delle brame. Proprie e altrui. I fondamentali per non
sfigurare: profile picture con occhi e viso scoperti, descrizione
breve ma intrigante, personalizzata, senza osare troppo. Di fatto è
una mini-biografia, quasi un genere letterario.
Di sicuro, nel
corteggiamento online, cambiano i codici della scrittura. Le mail,
ormai, sembrano preistoria. Troppo prolisse, troppo lente, quasi
antiche. Nei sentimenti digitali si azzera il tempo dell’attesa.
Imperano le chat, la messaggistica istantanea, dove a farla da
padrona è la tastiera emoji: si ritorna al linguaggio dei simboli,
in una sorta di analfabetismo emozionale. Per spiriti più inclini
alla profondità del sentimento funziona invece la scrittura di ampio
respiro, che diventa il mezzo privilegiato per sedurre, per entrare
nell’intimo dell’altro.
Scrivere è come baciare, solo senza labbra.
Scrivere è baciare con la mente.
Daniel Glattauer
Così recita una frase topic del romanzo di Daniel Glattauer, Le ho mai raccontato del vento del Nord, storia di un intenso amore epistolare tra due sconosciuti, nato per un indirizzo sbagliato tra Emmi e Leo.
Modulato su frequenze meno intimistiche ma più immediate e visive è, invece, il sexting (crasi di sex + texting), una delle pratiche preferite da chi tradisce. Consiste nello scambiarsi foto e messaggi erotici. La piattaforma privilegiata per farlo è WhatsApp; in alternativa, se non c’è ancora stato il fatidico scambio del numero di cellulare, si utilizzano le chat dei social. Il sexting è una sorta di racconto erotico che leggi e scrivi allo stesso tempo. Un gioco che connette la fantasia alla realtà: sai che quello che scrivi può accadere. Un gioco dai risvolti pericolosi: meglio starci solo se si conosce bene la persona con cui si sta interagendo. C’è sempre il rischio di cadere alle lusinghe dell’altro, assecondandone le richieste più spinte, senza esserne pienamente d’accordo, con la conseguenza di innescare imbarazzi e fraintendimenti. Ma non solo: la foto discinta, inviata per amore allo spasimante di oggi, può diventare ricatto o dileggio domani. Prudenza e riservatezza in rete sono cautele che non permettono distrazioni. Anche quando si è innamorati.
D’altro canto, le sorprese sgradite offerte dalla rete sono all’ordine del giorno. Una su tutte: scoprire un profilo falso. Ovvero, rendersi conto, magari dopo un bel po’, che la persona con cui si sta chattando non corrisponde all’identità che professa di avere. Come capitava già nel film Closer (del 2004), in cui lo scrittore interpretato da Jude Law seduce Clive Owen fingendosi donna.
Al di là dei pericoli a cui espone, la rete funge comunque da strumento protettivo, fa da barriera, tutela da un eventuale rischio emotivo dell’incontro de visu, dà sfogo all’urgenza di esserci, sì, ma alla giusta distanza. Innamoramenti virtuali, presenti solo in chat, talvolta non transitano mai alla dimensione reale. Un caso estremo di innamoramento virtuale è raccontato nel film Her di Spike Jonze, dove il protagonista Theodore (interpretato da Joaquin Phoenix) si innamora e instaura una vera e propria relazione con Samantha, che non è una persona ma un sistema operativo con la voce di donna: è con quel software che Theodore si ritrova a condividere emozioni e momenti di vita.
Nonostante alcune storie rimangano soltanto virtuali e non conoscano possibilità di sviluppo nella realtà, in genere il corteggiamento on line è quasi sempre finalizzato ad un incontro nella dimensione reale. Il primo appuntamento resta il momento fondante: punto di arrivo del corteggiamento online, punto di partenza di quello off-line. Spesso ci si arriva inermi, senza rete e senza numero. Il rispetto dei tempi diventa allora fondamentale e determina le sorti e i ruoli futuri. C’è da augurarsi di non replicare la scena cult di Jules et Jim, film del 1962 di François Truffaut, in cui Catherine e Jim si danno appuntamento presso un caffè parigino, alle sette. Lui arriva con qualche minuto di ritardo per ottimismo e, non vedendola, teme che lei se ne sia già andata; aspetta, ma se ne va poco prima che lei, più ottimista di lui, arrivi. Così, nella didascalia all’inizio del film c’è il senso di tutto:
M’hai detto ti amo. Ti dissi: aspetta.
Stavo per dirti: eccomi. Tu m’hai detto: vattene.
Se il corteggiamento online punta al primo appuntamento, il corteggiamento reale punta al secondo. Di solito ci si arriva dopo che, una volta tornati in modalità online, ci si è scambiati un numero sufficientemente cospicuo di messaggi. In questo scambio sarà fondamentale trovare una sinergia di comunicazione. Giocare allo specchio, insomma, cioè essere breve se l’altro è breve, non usare gli emoticon se l’altro non li usa. Ma anche puntare sul call-back humour, l’ironia complice per qualcosa che si è fatto insieme; o pilotare falsi dilemmi per rivedersi (ad esempio: «vino bianco o rosso?» «commedia leggera o film d’autore?»). E poi, sempre, rispettare i tempi e la privacy dell’altro, cosa che sembra diventata impossibile in un’epoca in cui siamo costantemente raggiungibili, geolocalizzabili e verificabili. La colpa è anche di quella piccola spunta blu, l’opzione di WhatsApp (e di altri canali di messaggistica) che assicura al mittente di conoscere il momento esatto di lettura del messaggio da parte del destinatario. Tradotto per chi non è avvezzo: chi ha inviato un testo non saprà solo se questo è stato consegnato. Bensì conoscerà il minuto esatto in cui questo è stato letto. Ecco allora che il segreto, la suspense, quei non detti che alimentavano il tempo dell’attesa sono banditi da smartphone e social network. E in caso di ricezione, lettura, ma mancata risposta immediata ad un messaggio, scatta il diritto di chiedere all’altro: «L’hai letto, e allora perché non rispondi?». Forse perché l’altro voleva starsene un po’ solo? Amare significa anche comprendere e proteggere quella solitudine di cui l’altro ha bisogno: capire che lui o lei può non rispondere non solo perché ha un banale e sempre rispettabile impegno di lavoro, ma perché quel giorno ha bisogno di stare unicamente con i propri pensieri e con il loro randagio vagabondare e perdersi. E invece, dice un verso di Rainer Maria Rilke:
si spingono gli amanti
sempre a calpestare i confini uno dell’altro.
Come finisce una storia nata via Social? C’è da sperare che non finisca mai, o meglio, che giunga a lieto fine nella realtà. Ma quando questo non avviene ed è arrivato il tempo di dirsi addio, cosa si fa? Esiste un bon ton dell’abbandono? Sembra che non sia stato ancora codificato. «Come porre termine, come chiudere: è su questo e non certo su come iniziare o aprire qualcosa, che chi vive la vita liquido moderna ha urgente bisogno di istruzioni» sostiene Zygmunt Bauman. In genere, gli “addii social” sono sempre lapidari, perentori e per di più senza preavviso: prima un messaggio (spesso nemmeno quello), poi la cancellazione dell’altro con un risolutivo clic, magari seguito da un post sulla bacheca, che diventa una sorta di lapide virtuale, dove seppellire la fine di un amore. Gesti virtuali, che però fanno un male reale. Un male cane il più delle volte.
L’inizio è dolce, assurdo, felice. L’intreccio pieno di buona volontà, forte e carico di tensioni. La fine una lacerazione.
Nuria Barrios
Gesti non risolutivi. Perché un amore bruscamente interrotto lascia dentro chi lo vive la certezza di tutto quello che sarebbe potuto essere e non è stato. Ma soprattutto perché, se prima si potevano evitare tutti i posti che anche l’altro frequenta e conosce, adesso come si fa a eludere foto, segnalazioni, commenti che riguardano l’ormai ex? Anche se lo cancelliamo dalla nostra facciata, c’è sempre un amico che condivide e ce lo fa riemergere nella timeline. L’addio social obbliga a un ricordo costante e mantiene in vita una ferita che non riesce a rimarginarsi facilmente. Ci sono mille modi per dirsi addio, il peggiore forse è restare.
Amare è così breve, e dimenticare così lungo.
Pablo Neruda
Ma a ogni addio ci sarà spazio per un nuovo inizio. Basta rigettarsi nel grande calderone magico e saper pescare. Ai cuori infranti ci pensa la rete.
Che cos’è quella sensazione quando ci si allontana dalle persone e loro restano sulla pianura finché le si vede appena come macchioline che si disperdono? […] È il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l’addio. Ma noi puntiamo avanti verso la prossima pazzesca avventura sotto i cieli.
Jack Kerouac