la donna greca

14 Maggio 2020

Sono sempre stata dalla parte delle donne.
Non sono una “femminista”, no, ma ho scritto di donne, per le donne, con le donne, e credo di conoscere abbastanza bene l’universo femminile.
In alcuni momenti della mia vita ho anche rinunciato ad amare, in nome del rispetto ad altre donne (col senno di poi, non so se ho fatto bene o male, ma ho lasciato che fosse la mia anima a decidere, quindi sì, mi sa che ho fatto bene).
Ecco, è proprio in virtù di questa mia particolare vicinanza alle donne che ho deciso di dedicare i prossimi due articoli di “Fattore B” al mondo femminile.

La storia è sempre contemporanea

Come molti di voi sanno, ho una formazione classica, così ho pensato di recuperare qualche nozione studiata nel mio percorso di studi e ricerca, per raccontarvi qualcosa di bello.
Nei prossimi due articoli voglio parlarvi delle donne dell’antichità – la donna greca e la donna romana – perché, anche se quello può sembrarci un tempo incredibilmente lontano, è da lì che veniamo ed è lì che si sono sedimentati nelle nostre memorie cellulari alcuni cliché mai tramontati.

Venere e la Bellezza

Iniziamo dalla donna greca.
La Grecia, culla delle arti e della poesia, attribuiva alla Bellezza un’origine divina e scelse una dea per rappresentarla: Venere.
Emersa dalla spuma del mare, Venere sale nell’Olimpo: è un’apparizione che porta scompiglio tra gli dei e insieme dà origine a quel culto per la bellezza e seduzione che, da allora, è rimasto vivo nel mondo dei mortali.

Nascita di Venere, di Sandro Botticelli, olio su tela (1483-85)
Elena e gli eroi

Mille e duecento anni prima di Cristo, sempre a una donna, Elena, dotata di un fascino irresistibile, si riconduce l’origine di una memorabile guerra fra due grandi popoli: gli Achei e i Troiani.
Le vicende si svolgono nel territorio dell’odierna Turchia; gli eventi del conflitto li conosciamo principalmente attraverso i poemi epici dell’Iliade e Odissea, attribuiti a Omero (nella mia mente ora si mescolano ricordi di banchi di scuola e quaderni a righe).
Gli eroi più avventurosi di quel tempo mitico, tutti giovanissimi e bellissimi, non sono molto fortunati in amore… Basta che uno abbia moglie o abbia il vezzo di amare un poco le donne, perché il suo destino si oscuri. Così, la sciagura di Ettore si colora dell’amore di Andromaca, le peripezie di Ulisse si devono al fatto che… Penelope lo aspetta, e la causa del cruccio di Achille e del suo ritirarsi sotto la tenda è l’innocentissima (si fa per dire) Criseide.
Insomma, che si voglia o no, c’è sempre di mezzo una donna.

Ettore saluta Andromaca, di Sergey Petrovich Postnikov, olio su tela (seconda metà del XIX secolo)
Tra mito e realtà

Tutto ciò appartiene al mito e alla leggenda.
Nella vita reale, la donna greca, dopo aver trascorso infanzia e adolescenza a educare il corpo alla grazia e all’armonia, viveva chiusa nei ginecèi (lo spazio della casa destinato alle sole donne).
In verità, due categorie di donne esistono nell’antica Grecia: quella che, all’ombra delle pareti domestiche, svolge le sue attività di moglie e madre, e quella che, con la bellezza, lo spirito, l’intelligenza, soggioga e trascina il mondo, regnando nel cuore di principi e governanti.
Questa seconda categoria di donna entra in tutti i grandi avvenimenti della storia greca.

Atene, i tiranni, le donne

Ad Atene, cinquecento anni circa prima di Cristo, una donna aiuta il politico Pisistrato a instaurare il primo governo tirannico della storia occidentale.
In seguito, un’altra donna cospira per abbattere i Pisistratidi, successori del tiranno: è una donna tosta, sa tacere fra i tormenti, ma alla fine muore. Atene riconoscente le innalzerà una statua sotto le sembianze di una leonessa con la lingua mozza.
Cervello e sensi sono le caratteristiche di queste donne, insieme a una buona dose di genio filosofico, che sfoggiano con successo.

Donne libere

Frine, l’etéra più celebre dell’antichità (per inciso, le etére erano donne colte ed eleganti, impropriamente paragonate alle escort di oggi), desidera la più bella statua dello scultore Prassitele, per farne omaggio alla sua patria, Tebe, e a un certo punto propone addirittura di far risorgere la città a proprie spese, come sappiamo da una famosa iscrizione: “Alessandro distrusse Tebe; Frine la riedificò”.

Il processo di Frine, di Jean-Léon Gérôme, olio su tela (1861)

Superbamente libere, queste donne coltivavano le lettere e le scienze, aspirando ad innalzarsi con il proprio ingegno.
Aspasia, amante e compagna del politico ateniese Pericle, ragiona animatamente di filosofia con “il padre dei filosofi” Socrate, e apre lei stessa ad Atene una scuola, dove insegna retorica.
Aggiogato Pericle, trascina al suo seguito non solo gli oratori, i condottieri, i poeti e tutti gli uomini eminenti di allora, ma anche le loro mogli, compagne e figlie: insomma, detta letteralmente legge agli Ateniesi.
Innamoratissimo, ma non geloso, Pericle lasciava che Aspasia frequentasse Socrate e Alcibiade, eppure sappiamo che non andava mai in Senato né faceva mai ritorno senza baciarla.

Socrate va a trovare Alcibiade in casa di Aspasia, di Jean-Léon Gérôme, olio su tela (1861)
Le spartane

Se ad Atene per le più audaci e fortunate le cose andavano in questo modo, a Sparta regnava proprio un altro mondo.
A differenza delle altre donne greche che avevano pochissima libertà di movimento e trascorrevano praticamente la vita nelle loro case, le spartane venivano educate a vivere liberamente all’aria aperta; anche se sposate, non erano tenute a occuparsi dei lavori domestici né della crescita dei figli, affidata alle nutrici.
Erano libere di dedicarsi al canto, alla danza e soprattutto agli esercizi ginnici, come il lancio del disco e del giavellotto, la corsa e la lotta, a cui erano addestrate fin da bambine.
In questo senso, potrei dire di sentirmi molto vicina alle spartane, se non fosse per questo “piccolo particolare”: che la vita libera e lo sport erano importanti per le donne nella misura dettata dagli uomini, fermamente convinti che l’unica funzione delle donne spartane fosse quella di dare figli robusti alla patria.

Gorgo

Non riuscendo a comprendere la cultura spartana, gli altri Greci favoleggiavano della libertà anche sessuale delle donne di questa città e del loro presunto potere sugli uomini.
Sappiamo che un giorno una straniera disse a Gorgo, moglie del re di Sparta Leonida: «Voi Spartane siete le sole donne che comandano i loro uomini.» E Gorgo rispose: «Perché siamo anche le uniche a partorire uomini.»

Gorgo e Leonida, scena dal film 300 diretto da Zack Snyder (2007)
il prezzo della libertà

In questa battuta colgo tutta la psicologia della donna spartana e mi viene naturale chiedermi: la sua era una libertà sessuale vera o solo presunta? Va detto che Sparta era una società militare, organizzata dagli uomini e per gli uomini, ai quali, per loro scelta, non restava spazio per la vita familiare. Di conseguenza gli Spartani non avevano interesse a rinchiudere le donne in casa e lasciavano loro una grande libertà di movimento.
Ma che libertà era? Che prezzo aveva?
E noi, donne moderne e fiere della nostra libertà, siamo veramente così libere come vogliamo far credere?
Pensiamoci…
Per oggi mi fermo qui e vi do appuntamento a giovedì prossimo, con altri racconti di donne antiche.

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